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      – Se io avessi tanto fiato da arrivare fino a quella casa, forse sarei salvo, – disse dentro di sé.
      E senza indugiare un minuto riprese a correre per il bosco a carriera distesa. E gli assassini sempre dietro.
      E dopo una corsa disperata di quasi due ore, finalmente tutto trafelato arrivò alla porta di quella casina e bussò.
      Nessuno rispose.
      Tornò a bussare con maggior violenza, perché sentiva avvicinarsi il rumore dei passi e il respiro grosso e affannoso de’ suoi persecutori.
      Lo stesso silenzio.
      Avvedutosi che il bussare non giovava a nulla, cominciò per disperazione a dare calci e zuccate nella porta. Allora si affacciò alla finestra una bella bambina, coi capelli turchini e il viso bianco come un’immagine di cera, gli occhi chiusi e le mani incrociate sul petto, la quale senza muovere punto le labbra, disse con una vocina che pareva venisse dall’altro mondo:
      – In questa casa non c’è nessuno. Sono tutti morti.
      – Aprimi almeno tu! – gridò Pinocchio piangendo e raccomandandosi.
      – Sono morta anch’io.
      – Morta? e allora che cosa fai costì alla finestra?
      – Aspetto la bara che venga a portarmi via.
      Appena detto così, la bambina disparve, e la finestra si richiuse senza far rumore.
      – O bella bambina dai capelli turchini, – gridava Pinocchio, – aprimi per carità! Abbi compassione di un povero ragazzo inseguito dagli assass...
      Ma non poté finir la parola, perché sentì afferrarsi per il collo, e le solite due vociaccie che gli brontolarono minacciosamente:
      – Ora non ci scappi più!
      Il burattino, vedendosi balenare la morte dinanzi agli occhi, fu preso da un tremito così forte, che nel tremare, gli sonavano le giunture delle sue gambe di legno e i quattro zecchini che teneva nascosti sotto la lingua.


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Pinocchio
di Carlo Collodi
pagine 153

   





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