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      Potrei punirvi, ma sì vil non sono! Mi contenterò, invece, di portarvi domani all’oste del vicino paese, il quale vi spellerà e vi cucinerà a uso lepre dolce e forte. È un onore che non vi meritate, ma gli uomini generosi come me non badano a queste piccolezze!...
      Quindi, avvicinatosi a Pinocchio, cominciò a fargli molte carezze, e, fra le altre cose, gli domandò:
      – Com’hai fatto a scuoprire il complotto di queste quattro ladroncelle? E dire che Melampo, il mio fido Melampo, non s’era mai accorto di nulla...
      Il burattino, allora, avrebbe potuto raccontare quel che sapeva: avrebbe potuto, cioè, raccontare i patti vergognosi che passavano fra il cane e le faine: ma ricordatosi che il cane era morto, pensò subito dentro di sé: – A che serve accusare i morti?... I morti son morti, e la miglior cosa che si possa fare è quella di lasciarli in pace!...
      – All’arrivo delle faine sull’aia, eri sveglio o dormivi? – continuò a chiedergli il contadino.
      – Dormivo, – rispose Pinocchio, – ma le faine mi hanno svegliato coi loro chiacchiericci, e una è venuta fin qui al casotto per dirmi: «Se prometti di non abbaiare e di non svegliare il padrone, noi ti regaleremo una pollastra bell’e pelata!...». Capite, eh? Avere la sfacciataggine di fare a me una simile proposta! Perché bisogna sapere che io sono un burattino, che avrò tutti i difetti di questo mondo: ma non avrò mai quello di star di balla e di reggere il sacco alla gente disonesta!
      – Bravo ragazzo! – gridò il contadino, battendogli sur una spalla.


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Pinocchio
di Carlo Collodi
pagine 153

   





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