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      Dopo mezz’ora di strada, arrivò a un piccolo paese detto «Il paese delle Api industriose». Le strade formicolavano di persone che correvano di qua e di là per le loro faccende: tutti lavoravano, tutti avevano qualche cosa da fare. Non si trovava un ozioso o un vagabondo nemmeno a cercarlo col lumicino.
      – Ho capito, – disse subito quello svogliato di Pinocchio, – questo paese non è fatto per me! Io non son nato per lavorare!
      Intanto la fame lo tormentava, perché erano oramai passate ventiquattr’ore che non aveva mangiato più nulla; nemmeno una pietanza di veccie.
      Che fare?
      Non gli restavano che due modi per potersi sdigiunare: o chiedere un po’ di lavoro, o chiedere in elemosina un soldo o un boccone di pane.
      A chiedere l’elemosina si vergognava: perché il suo babbo gli aveva predicato sempre che l’elemosina hanno il diritto di chiederla solamente i vecchi e gl’infermi. I veri poveri, in questo mondo, meritevoli di assistenza e di compassione, non sono altro che quelli che, per ragione d’età o di malattia, si trovano condannati a non potersi più guadagnare il pane col lavoro delle proprie mani. Tutti gli altri hanno l’obbligo di lavorare: e se non lavorano e patiscono la fame, tanto peggio per loro.
      In quel frattempo, passò per la strada un uomo tutto sudato e trafelato, il quale da sé tirava con gran fatica due carretti carichi di carbone.
      Pinocchio, giudicandolo dalla fisonomia per un buon uomo, gli si accostò e, abbassando gli occhi dalla vergogna, gli disse sottovoce:
      – Mi fareste la carità di darmi un soldo, perché mi sento morir dalla fame?


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Pinocchio
di Carlo Collodi
pagine 153

   





Api Pinocchio