.. voi mi rammentate... sì, sì, sì, la stessa voce... gli stessi occhi.. gli stessi capelli... sì, sì, sì... anche voi avete i capelli turchini... come lei!... O Fatina mia!... O Fatina mia!... ditemi che siete voi, proprio voi!... Non mi fate più piangere! Se sapeste!... Ho pianto tanto, ho patito tanto..
E nel dir così, Pinocchio piangeva dirottamente, e gettandosi ginocchioni per terra, abbracciava i ginocchi di quella donnina misteriosa.
XXV
Pinocchio promette alla Fata di essere buono e di studiare, perché è stufo di fare il burattino e vuol diventare un bravo ragazzo.
In sulle prime la buona donnina cominciò col dire che lei non era la piccola Fata dai capelli turchini: ma poi, vedendosi oramai scoperta e non volendo mandare più a lungo la commedia, fini col farsi riconoscere, e disse a Pinocchio:
– Birba d’un burattino! Come mai ti sei accorto che ero io?
– Gli è il gran bene che vi voglio quello che me l’ha detto.
– Ti ricordi? Mi lasciasti bambina e ora mi ritrovi donna; tanto donna, che potrei quasi farti da mamma.
– L’ho caro dimolto, perché così, invece di sorellina, vi chiamerò la mia mamma. Gli è tanto tempo che mi struggo di avere una mamma come tutti gli altri ragazzi!... Ma come avete fatto a crescere così presto?
– È un segreto.
– Insegnatemelo: vorrei crescere un poco anch’io. Non lo vedete? Sono sempre rimasto alto come un soldo di cacio.
– Ma tu non puoi crescere, – replicò la Fata.
– Perché?
– Perché i burattini non crescono mai. Nascono burattini, vivono burattini e muoiono burattini.
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