Da quelle risposte sconclusionate e da quelle risatacce grulle, Pinocchio capì che i suoi compagni gli avevano fatto una brutta celia, dandogli ad intendere una cosa che non era vera; e pigliandosela a male, disse a loro con voce di bizza:
– E ora? Che sugo ci avete trovato a darmi ad intendere la storiella del Pesce-cane?
– Il sugo c’è sicuro!... – risposero in coro quei monelli.
– E sarebbe?...
– Quello di farti perdere la scuola e di farti venire con noi. Non ti vergogni a mostrarti tutti i giorni così preciso e così diligente alle lezioni? Non ti vergogni a studiar tanto, come fai?
– E se io studio, che cosa ve ne importa?
– A noi ce ne importa moltissimo perché ci costringi a fare una brutta figura col maestro...
– Perché?
– Perché gli scolari che studiano fanno sempre scomparire quelli, come noi, che non hanno voglia di studiare. E noi non vogliamo scomparire! Anche noi abbiamo il nostro amor proprio!...
– E allora che cosa devo fare per contentarvi?
– Devi prendere a noia, anche tu, la scuola, la lezione e il maestro, che sono i nostri tre grandi nemici.
– E se io volessi seguitare a studiare?
– Noi non ti guarderemo più in faccia, e alla prima occasione ce la pagherai!...
– In verità mi fate quasi ridere, – disse il burattino con una scrollatina di capo.
– Ehi, Pinocchio! – gridò allora il più grande di quei ragazzi, andandogli sul viso. – Non venir qui a fare lo smargiasso: non venir qui a far tanto il galletto!... Perché se tu non hai paura di noi, noi non abbiamo paura di te! Ricordati che tu sei solo e noi siamo in sette.
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