– Sette come i peccati mortali, – disse Pinocchio con una gran risata.
– Avete sentito? Ci ha insultati tutti! Ci ha chiamati col nome di peccati mortali!...
– Pinocchio! chiedici scusa dell’offesa... se no, guai a te!...
– Cucù! – fece il burattino, battendosi coll’indice sulla punta del naso, in segno di canzonatura.
– Pinocchio! la finisce male!...
– Cucù!
– Ne toccherai quanto un somaro!...
– Cucù!
– Ritornerai a casa col naso rotto!...
– Cucù!
– Ora il cucù te lo darò io! – gridò il più ardito di quei monelli. – Prendi intanto quest’acconto e serbalo per la cena di stasera.
E nel dir così gli appiccicò un pugno sul capo.
Ma fu, come si suol dire, botta e risposta; perché il burattino, come c’era da aspettarselo, rispose con un altro pugno: e lì, da un momento all’altro, il combattimento diventò generale e accanito.
Pinocchio, sebbene fosse solo, si difendeva come un eroe. Con quei suoi piedi di legno durissimo lavorava così bene, da tener sempre i suoi nemici a rispettosa distanza. Dove i suoi piedi potevano arrivare e toccare, ci lasciavano sempre un livido per ricordo.
Allora i ragazzi, indispettiti di non potersi misurare col burattino a corpo a corpo, pensarono bene di metter mano ai proiettili, e sciolti i fagotti de’ loro libri di scuola, cominciarono a scagliare contro di lui i Sillabari, le Grammatiche, i Giannettini, i Minuzzoli, i Racconti del Thouar, il Pulcino della Baccini e altri libri scolastici: ma il burattino, che era d’occhio svelto e ammalizzito, faceva sempre civetta a tempo, sicché i volumi, passandogli di sopra al capo, andavano tutti a cascare nel mare.
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