Basti dire che il burattino sentiva dietro di sé, alla distanza d’un palmo, l’ansare affannoso di quella bestiaccia e ne sentiva perfino la vampa calda delle fiatate.
Per buona fortuna la spiaggia era oramai vicina e il mare si vedeva lì a pochi passi.
Appena fu sulla spiaggia, il burattino spiccò un bellissimo salto, come avrebbe potuto fare un ranocchio, e andò a cascare in mezzo all’acqua. Alidoro invece voleva fermarsi; ma trasportato dall’impeto della corsa, entrò nell’acqua anche lui. E quel disgraziato non sapeva nuotare; per cui cominciò subito ad annaspare colle zampe per reggersi a galla: ma più annaspava e più andava col capo sott’acqua.
Quando torno a rimettere il capo fuori, il povero cane aveva gli occhi impauriti e stralunati, e, abbaiando, gridava.
– Affogo! Affogo!
– Crepa! – gli rispose Pinocchio da lontano, il quale si vedeva oramai sicuro da ogni pericolo.
– Aiutami, Pinocchio mio!... salvami dalla morte!...
A quelle grida strazianti, il burattino, che in fondo aveva un cuore eccellente, si mosse a compassione, e voltosi al cane gli disse:
– Ma se io ti aiuto a salvarti, mi prometti di non darmi più noia e di non corrermi dietro?
– Te lo prometto! Te lo prometto! Spicciati per carità, perché se indugi un altro mezzo minuto, son bell’e morto.
Pinocchio esitò un poco: ma poi ricordandosi che il suo babbo gli aveva detto tante volte che a fare una buona azione non ci si scapita mai, andò nuotando a raggiungere Alidoro, e, presolo per la coda con tutte e due le mani, lo portò sano e salvo sulla rena asciutta del lido.
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