Ma il povero cane aveva una fame per quattro, e mugolando e dimenando la coda, pareva che dicesse: «Dammi un boccon di frittura e ti lascio in pace».
– Passa via, ti dico! – gli ripeté il pescatore; e allungò la gamba per tirargli una pedata.
Allora il cane che, quando aveva fame davvero, non era avvezzo a lasciarsi posar mosche sul naso, si rivoltò ringhioso al pescatore, mostrandogli le sue terribili zanne.
In quel mentre si udì nella grotta una vocina fioca fioca, che disse:
– Salvami, Alidoro!... Se non mi salvi, son fritto!
Il cane riconobbe subito la voce di Pinocchio e si accorse con sua grandissima maraviglia che la vocina era uscita da quel fagotto infarinato che il pescatore teneva in mano.
Allora che cosa fa? Spicca un gran lancio da terra, abbocca quel fagotto infarinato e tenendolo leggermente coi denti, esce correndo dalla grotta, e via come un baleno!
Il pescatore, arrabbiatissimo di vedersi strappar di mano un pesce, che egli avrebbe mangiato tanto volentieri, si provò a rincorrere il cane; ma fatti pochi passi, gli venne un nodo di tosse e dové tornarsene indietro.
Intanto Alidoro, ritrovata che ebbe la viottola che conduceva al paese, si fermò e posò delicatamente in terra l’amico Pinocchio.
– Quanto ti debbo ringraziare! – disse il burattino.
– Non c’è bisogno, – replicò il cane. – Tu salvasti me, e quel che è fatto, è reso. Si sa: in questo mondo bisogna tutti aiutarsi l’uno coll’altro.
– Ma come mai sei capitato in quella grotta?
– Ero sempre qui disteso sulla spiaggia più morto che vivo, quando il vento mi ha portato da lontano un odorino di frittura.
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Alidoro Pinocchio Alidoro Pinocchio
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