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      Figuratevi il povero Pinocchio! Dové passare tutto il resto della notte con un piede in terra e con quell’altro per aria.
      La mattina, sul far del giorno, finalmente la porta si aprì.
      Quella brava bestiola della Lumaca, a scendere dal quarto piano fino all’uscio di strada, ci aveva messo solamente nove ore. Bisogna proprio dire che avesse fatto una sudata!
      – Che cosa fate con codesto piede conficcato nell’uscio? – domandò ridendo al burattino.
      – È stata una disgrazia. Vedete un po’, Lumachina bella, se vi riesce di liberarmi da questo supplizio.
      – Ragazzo mio, così ci vuole un legnaiolo, e io non ho mai fatto la legnaiola.
      – Pregate la Fata da parte mia!...
      – La Fata dorme e non vuol essere svegliata.
      – Ma che cosa volete che io faccia inchiodato tutto il giorno a questa porta?
      – Divèrtiti a contare le formicole che passano per la strada.
      – Portatemi almeno qualche cosa da mangiare, perché mi sento rifinito.
      – Subito! – disse la Lumaca.
      Difatti dopo tre ore e mezzo Pinocchio la vide tornare con un vassoio d’argento in capo. Nel vassoio c’era un pane, un pollastro arrosto e quattro albicocche mature.
      – Ecco la colazione che vi manda la Fata, – disse la Lumaca.
      Alla vista di quella grazia di Dio, il burattino sentì consolarsi tutto.
      Ma quale fu il suo disinganno, quando incominciando a mangiare, si dové accorgere che il pane era di gesso, il pollastro di cartone e le quattro albicocche di alabastro, colorite al naturale.
      Voleva piangere, voleva darsi alla disperazione, voleva buttar via il vassoio e quel che c’era dentro: ma invece, o fosse il gran dolore o la gran languidezza di stomaco, fatto sta che cadde svenuto.


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Pinocchio
di Carlo Collodi
pagine 153

   





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