.. e sentirono un suono di bubboli e uno squillo di trombetta, così piccolino e soffocato, che pareva il sibilo di una zanzara!
– Eccolo! – gridò Lucignolo, rizzandosi in piedi.
– Chi è? – domandò sottovoce Pinocchio.
– È il carro che viene a prendermi. Dunque, vuoi venire, sì o no?
– Ma è proprio vero, – domandò il burattino, – che in quel paese i ragazzi non hanno mai l’obbligo di studiare?
– Mai, mai, mai!
– Che bel paese!... che bel paese!... che bel paese!...
XXXIDopo cinque mesi di cuccagna, Pinocchio, con sua grande maraviglia, sente spuntarsi un bel paio d’orecchie asinine e diventa un ciuchino, con la coda e tutto.
Finalmente il carro arrivò: e arrivò senza fare il più piccolo rumore, perché le sue ruote erano fasciate di stoppa e di cenci.
Lo tiravano dodici pariglie di ciuchini, tutti della medesima grandezza, ma di diverso pelame.
Alcuni erano bigi, altri bianchi, altri brizzolati a uso pepe e sale, e altri rigati a grandi strisce gialle e turchine. Ma la cosa più singolare era questa: che quelle dodici pariglie, ossia quei ventiquattro ciuchini, invece di essere ferrati come tutti le altre bestie da tiro o da soma, avevano ai piedi degli stivali da uomo di vacchetta bianca.
E il conduttore del carro?...
Figuratevi un omino più largo che lungo, tenero e untuoso come una palla di burro, con un visino di melarosa, una bocchina che rideva sempre e una voce sottile e carezzevole, come quella d’un gatto che si raccomanda al buon cuore della padrona di casa.
Tutti i ragazzi, appena lo vedevano, ne restavano innamorati e facevano a gara nel montare sul suo carro, per essere condotti da lui in quella vera cuccagna conosciuta nella carta geografica col seducente nome di Paese dei Balocchi.
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Lucignolo Pinocchio Pinocchio Paese Balocchi
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