E qui il direttore fece un’altra profondissima riverenza: quindi rivolgendosi a Pinocchio, gli disse:
– Animo, Pinocchio!... Avanti di dar principio ai vostri esercizi, salutate questo rispettabile pubblico, cavalieri, dame e ragazzi!
Pinocchio, ubbidiente, piegò subito i due ginocchi davanti, fino a terra, e rimase inginocchiato fino a tanto che il direttore, schioccando la frusta, non gli gridò:
– Al passo!
Allora il ciuchino si rizzò sulle quattro gambe, e cominciò a girare intorno al Circo, camminando sempre di passo.
Dopo un poco il direttore grido:
– Al trotto! – e Pinocchio, ubbidiente al comando, cambiò il passo in trotto.
– Al galoppo!... – e Pinocchio staccò il galoppo.
– Alla carriera! – e Pinocchio si dette a correre di gran carriera.
Ma in quella che correva come un barbero, il direttore, alzando il braccio in aria, scaricò un colpo di pistola.
A quel colpo il ciuchino, fingendosi ferito, cadde disteso nel Circo, come se fosse moribondo davvero.
Rizzatosi da terra, in mezzo a uno scoppio di applausi, d’urli e di battimani, che andavano alle stelle, gli venne naturalmente di alzare la testa e di guardare in su... e guardando, vide in un palco una bella signora, che aveva al collo una grossa collana d’oro, dalla quale pendeva un medaglione.
Nel medaglione c’era dipinto il ritratto d’un burattino.
– Quel ritratto è il mio!... quella signora è la Fata! – disse dentro di sé Pinocchio, riconoscendola subito: e lasciandosi vincere dalla gran contentezza, si provò a gridare:
– Oh Fatina mia! oh Fatina mia!
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