Pensa che lui pure deve, come rappresentante della famiglia, dimostrare la sua deferenza all'ospite intimo e caro. E togliendosi dai labbruzzi il cucchiaino non completamente vuoto, lo porge rovesciato al vecchio commensale. Tutti sorridono. Mimė sente d'aver compreso bene il suo dovere, e per incoraggiare l'invitato ad accettare la sua offerta, gli carezza il volto colla manina unta.... Com'č gentile Mimė!
Eppure Melchiorre Gioia dice che č atto inurbanissimo il palpare il volto ad un proprio eguale e peggio se maggiore d'etā; e su questo argomento non transige neppure cogli Dei, e scaglia acerbi rimproveri a Omero, per la sconvenienza d'averci rappresentata Teti, in atto di palpare il volto a Giove. Ma il bimbo č pių padrone nel mondo che gli Dei nell'Olimpo.
La nutrice entra con Mimė in una chiesa. Mimė ha il sentimento musicale sviluppatissimo. L'organo lo commove piacevolmente; e lui accompagna con modulazioni che va improvvisando quelle note solenni. Tutti si voltano, la nutrice gli dice che quella č la casa del Signore. Ma Mimė č superiore a queste considerazioni. I lumicini dell'altare lo divertono, č al colmo del tripudio, ed č troppo sincero ed espansivo per dissimularlo, e si dā a far galloria con sussulti, e grida, e contorcimenti.
Il sacerdote intuona le litanie, il pubblico fa coro. Quelle voci alte, discordi, stonate, offendono il senso artistico di Mimė. E lui esprime con alte strida il suo disgusto, la sua disapprovazione.
La balia ha avuto torto di esporlo a quella contrarietā. Ma Mimė ha ragione.
| |
Mimė Melchiorre Gioia Omero Teti Giove Olimpo Mimė Mimė Mimė Mimė Mimė Mimė
|