Ma la baronessa non aveva bisogno che le si mettessero i punti sugli i. Si alzò a stento, prese le mani della mia mamma nelle sue, e disse:
Sì; va, povera Nina. Anche tu devi annoiarti, così giovane e bella, a passare tanto tempo con una vecchia; sono egoista quando ti prego di venire. Perdonami, cara la mia figliola; sono inferma e sola. Ma non ho più molto da vivere; avrò presto finito di annoiarti.
Ed il suo povero volto, tanto rugoso, si raggrinzava, e le tremavano le labbra e la voce.
Piangeva!
La mia mamma non rispose, aveva gli occhi gonfi. La baciò, le strinse la mano, ed uscì tutta rossa e mortificata, come se quella villania l'avesse fatta lei.
Non mi disse nulla. Non una parola di rimprovero. Capì che ero già castigata. Oh se lo ero!
Pochi giorni dopo si disponeva ad uscire, senza avermi detto nulla.
Non mi vuoi con te, mamma? le domandai.
No, vado dalla baronessa.
Chinai il capo avvilita. Era la mia punizione. Venivo espulsa dalla casa di quella venerabile amica di mia madre. La baronessa morì pochi mesi dopo, senza che l'avessi più riveduta.
Ma passarono gli anni, mi feci donna, e non ho mai dimenticata quella scena dolorosa. Ed anche ora, quando ci penso, sento al cuore la stretta di un rimorso. Non si affligge impunemente una vecchia buona!
D'allora non mi accadde mai piú di dimostrare la noia che provavo in compagnia. Tuttavia, debbo confessare che la risentivo ancora e spesso. Ma per evitare alla mia buona mamma un dispiacere, come quello che le avevo dato una volta, cercavo di non farmi scorgere.
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Nina
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