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      Non scrivano a molte persone, signorine mie. Oltre le lettere di dovere ai parenti vecchi, alle maestre, possono tener corrispondenza con qualche amica. Ma siano vere amiche, di quelle a cui si scrive non per fare dello stile epistolare, ma per vero affetto, e col linguaggio dell'intimità. Non occorre dire che, in tutta la loro corrispondenza non ci deve essere una parola che la mamma non possa leggere.
      Quanto a formole, non s'aspettino ch'io ne dia. Le lettere tengono luogo di discorsi. Scrivano come discorrerebbero e basta. L'introduzione, la chiusa, sono storie del tempo trapassato remoto. La lettera comincia con quello che s'ha a dire, e finisce quando non s'ha più nulla a dire. Ecco la sola regola ch'io ammetto. Non si firmino mai serva, perchè le signore non sono mai serve di nessuno. Non facciano litanie di saluti in fine nè sfoggio di aggettivi sulla soprascritta, a tutto beneficio del portalettere e dei portinai. Non usino carta colle iniziali, come non usano carte da visita; siano semplici, schiette; se hanno dello spirito, non ne privino le loro corrispondenti, e lascino andare i loro giovani pensieri come
     
      La rondine alla primavera e la preghiera al cielo.
     
     
     
      CAPITOLO II.
     
      La signorina matura.
     
      Pur troppo tutto matura sotto il sole. Gli uomini le piante, le mele rosee e le spighe dorate; e col tempo e colla paglia, lo dice il proverbio, anche le sorbe e la canaglia. I bocciuoli diventano rose, i quindici anni diventano venticinque.
      La maturanza è un pregio. È il massimo grado di perfezione a cui può giungere una cosa creata.


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La gente per bene
di Marchesa Colombi
Editore Galli
1893 pagine 196