Così è naturalmente, e così dev'essere. Tutto quello che può far per dissimulare il suo imbarazzo riescirà artificioso e sguaiato. Allora sì, è il caso di non parlare se non è interrogata. E se lo sposo è un po' ardito, e si fa coraggio a dirle: "Spero di non averla afflitta colla mia domanda" oppure: "Mi lusingo che non sarà pentita del favore che mi ha accordato" o qualunque altra cosa di questo genere, la sposa non deve mai tornire una frase da commedia per rispondere in modo lusinghiero. Risponda come le suggerisce il cuore, il quale in quelle circostanze non le suggerisce altro che un monosillabo, una breve risposta. "Ma no." "Sa pure di no." Ma glieli suggerisce uniti ad una confusione, ad un rossore, ad una peritanza dello guardo intenerito, che quel monosillabo, quella risposta breve riescono più lusinghieri di qualunque discorso.
Da quel momento lo sposo ottiene l'accesso in casa, e, se è in altra città, è autorizzato a scrivere ogni giorno alla sposa; che è pure autorizzata a rispondergli.
Molte volte, invece d'essere simpatico, lo sposo è indifferente. E tuttavia, per qualche considerazione, che qui non è il caso di discutere, viene accettato. Questa sfumatura di sentimento però non cambia nulla al seguito delle cose. E dopo il consenso della signorina, i due fidanzati, che ieri non si conoscevano affatto, sono obbligati a vedersi o scriversi periodicamente e con intimità.
Quasi tutte le signorine si credono in dovere, da quel momento, di mostrare una passione da Desdemona, di persuadere anche l'infelice, accettato per cento ragioni che non hanno nulla a che fare col cuore, che l'adorano addirittura,
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Desdemona
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