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      Non posso a meno di dire che fanno male. Capisco le prime. La loro età richiede una serietà maggiore. Ma una giovine sposa perchè toglierebbe una parte di solennità a quella cerimonia che è la più importante della sua vita?
      Ho conosciuto una signorina, che per una serie di circostanze troppo lunghe a ripetersi, dovette maritarsi sull'alto d'una montagna, dove possedeva un villino, e nel cuore dell'inverno. Il suo villino non aveva cappella, e c'erano due miglia di strada, impraticabile alle carrozze, per scendere ad una chiesuola del villaggio. E tuttavia si vestì di bianco, e fece, in quel gelido costume, la lunga strada sulla neve, per inginocchiarsi in abito nuziale accanto al suo sposo, che anche lui era rigorosamente in abito nero. Confesso che, quando mi narrò questo particolare delicato, ne fui profondamente commossa.
      Le signorine mature, per lo più, semplificano la cerimonia andando prima al municipio, e di là direttamente alla chiesa in completo costume da viaggio. Vanno alla colazione così, e partono senza cambiar toletta.
      Le vedove che si maritano devono fare lo stesso. Nel matrimonio d'una vedova, qualunque pompa è della massima sconvenienza. In chiesa una vedova deve fare il matrimonio a porte chiuse; non deve mandare prima delle nozze la partecipazione della promessa; non fa inviti.
      Dopo il matrimonio, entro otto giorni, si mandano le circolari coll'annuncio che il matrimonio ha avuto luogo.
      Le partecipazioni dopo le nozze sono di primissima necessità, e si deve essere larghi nel distribuirle anche alle lontane conoscenze.


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La gente per bene
di Marchesa Colombi
Editore Galli
1893 pagine 196