Un altro non può soffrire certi piatti a tavola, e non saprà imporsi il menomo sacrificio per nascondere la sua ripugnanza agli ospiti che l'hanno invitato; e se un vino non è di suo gusto, lo lascerà scorgere con una lieve smorfia, o almeno lo lascerà nel bicchiere con ostentazione.
Alcuni sono avvezzi ad una temperatura molto alta, e si fregano le mani, si raggrinzano, si accartocciano inurbanamente in un salotto, che, secondo loro, non è riscaldato a sufficienza; oppure sono calorosi, e smaniano, soffiano, sbuffano come locomotive, se l'ambiente è troppo caldo.
Vi sono degli scapoli avvezzi a pranzar soli, che si fanno tirare gli orecchi, per accettare un pranzo in casa altrui e non sanno nascondere che s'impongono un sacrificio. Ad un pranzo d'invito un signore è naturalmente il cavaliere della signora che ha accanto, e non trascurerà menomamente questa parte, troppo comune perchè metta conto di ricordargliela. Non è però inutile rammentargli che dopo aver pranzato con persone che gli furono presentate per la prima volta, dovrà entro le 24 ore portare in persona una carta di visita alla porta di quei commensali. Soltanto nel caso che le commensali fossero delle signorine, la formalità si dovrebbe tralasciare.
Un dono poi li offende addirittura, lo rifiutano, o lo accettano come per forza e di mala grazia, poi lo ricambiano troppo presto e con ostentazione, come per far capire che non vogliono accettar nulla da nessuno.
C'è alle volte più generosità nell'accettare che nel dare, ed un gentiluomo deve saper accogliere con garbo e con riconoscenza gli inviti ed i doni, e ricambiarli con tatto, senza fretta, per scambio di cortesia, non per sdebitarsi.
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