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      Erano famose le facezie del Dottorino.
      Lungo la strada si fermava ad ogni osteria, domandava da bere, e poi diceva all'oste: «Mettetelo in conto; vi pagherņ con una visita quando avrete bisogno di aiuto per far funzionare gli intestini». E rideva, e l'oste rideva.
      Non sempre si sentiva poi in gambe da salire le scale per vedere l'infermo; ma che importava vederlo? Poteva benissimo fare la sua ordinazione dal cortile. Domandava a quelli di casa: «Che cos'ha questo malato? La febbre? Dategli un purgante. Il mal di capo? Il delirio? Vuotategli le budella; le fantasie dei deliranti vengono di lą...».
     
      Pił volte, nelle sedute comunali, qualche pedante aveva proposto di fare delle rimostranze al Dottorino. Ma per fortuna i signori lo proteggevano, e non lo permisero mai. E lui stesso, quand'era venuto a sapere la cosa, aveva risposto col solito brio: «Ma che! Il comune dovrebbe ringraziarmi; sono io che fertilizzo il paese colla produzione di tanto guano. Quando avrete in tavola de' carciofi saporiti, de' cavoli maiuscoli, degli asparagi grossi come canne sono i miei purganti che mangiate in tutte le salse...».
      Non si poteva pigliarsela sul serio con quel bel matto. Si rideva da averne il mal di ventre, si aggiungeva facezia a facezia, e si finiva a stappare una bottiglia alla salute del Dottorino, che faceva fare tanto buon sangue agli amici col suo buon umore. Del resto, in caso di malattia, quei possidenti che avevano dei buoni cavalli, in un'ora potevano mandare a Borgomanero per un medico.


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Il tramonto d'un ideale
di Marchesa Colombi
pagine 171

   





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