Pareva che fosse nato vestito a quel modo, ed era certo che morrebbe così. Se il Dottorino avesse cambiata abbigliatura, sarebbe stata come una rivoluzione a Fontanetto.
Era rimasto vedovo, ma con un bambino.
«La vedovanza sarebbe un valore» diceva. «Ma, con un bambino sulle braccia, diventa una passività. Un uomo solo vale una buona dote; un uomo e mezzo non vale più nulla».
Alla prima aveva affidato il fanciullo alla nutrice che lo aveva allattato; e per alcuni anni poté lasciarglielo. Ma finalmente, quando il bambino ebbe sei anni dovette riprenderlo. E figurarsi le noie che gli cagionò! Era un piccolo selvaggio, rustico, intrattabile. Appena rientrato nella casa materna, pianse un giorno intero chiamando ad alte grida la balia: «Voglio la mamma... aaa!».
Il Dottorino, poveretto, non era una donnicciuola da star a vezzeggiare un bimbo. Gli uomini hanno altro da fare. Lo rinchiuse in casa, e se ne andò pe' fatti suoi.
Quando tornò verso sera trovò tutto il vicinato nella contrada col naso all'aria verso le sue finestre. Gli strilli del bimbo continuavano da parecchie ore, e la scala era invasa dalle comari che s'impietosivano, e discutevano sul da farsi.
Il Dottorino aveva scherzato e bevuto coi casigliani de' malati; tornava d'un umore allegro che era un piacere. Figurarsi come rimase all'udire quell'urlio, ed a vedere quella gente indiscreta che metteva il becco ne' fatti suoi! Ma non era uomo da fare scenate. Accennò il portone di strada alle comari, e disse: «A casa mia sono io il padrone, sapete?
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