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      Ma le serve continuavano a mutarsi; il povero Dottorino non trovava più modo di farsi servire. Una volta passò due mesi e più senza donna in casa e dovette mandare il figliolo alla scuola per levarselo d'attorno.
      Ma «l'uomo allegro il ciel l'aiuta». Dopo qualche tempo fu chiamato a visitare una fanciulla malata. La trovò seduta al sole fuori dall'uscio della cucina, coi brividi della febbre. Ordinò il solito purgante, poi domandò ad una vecchia che le stava accanto: «È vostra figlia?».
      «Nossignore» rispose la Lucia, «è dell'ospedale di Novara. Mia nuora non aveva potuto salvare nessun figliolo de' suoi, e pensò d'andare a prenderne una da allattare: e poi aspetta oggi, aspetta domani a riportarla all'ospedale, ha finito per tenersela. Quando hanno cessato di pagarci il baliatico abbiamo mandata la ragazza alla filanda, tanto da farle guadagnare qualche cosa. Sono sei anni che va ad annaspare la seta: ha cominciato presto».
      «Ti piace andare alla filanda?» domandò il Dottorino alla malata. Questa si contorse tutta; non si capiva se era un movimento di soggezione o un brivido di febbre; ma non rispose.
      «Lei parla poco» disse la vecchia che, all'opposto, parlava molto. «Quando si ha nella testa tutto il giorno quel rumore di tanti rocchetti e di tanti naspi, si rimane come sbalordite. Io l'ho provato per due anni da ragazza. Mi ronzavano continuamente gli orecchi come se piovesse a rovesci, e vedevo giorno e notte i raggi delle ruote passarmi furiosamente dinanzi agli occhi come anime dannate».


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Il tramonto d'un ideale
di Marchesa Colombi
pagine 171

   





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