«Quanto le danno al giorno?» interruppe il Dottorino.
«Venti centesimi. Non ha che tredici anni».
«Venti centesimi al giorno, fuori la domenica e tutte le feste comandate... fanno... sessanta lire all'anno» calcolò forte il Dottorino. «Se volete darla a me per questo prezzo, la piglio per le mie poche faccende di casa, e per badare al mio figliolo. La fatica non le romperà le ossa».
«Non sa far da mangiare...» osservò la Lucia.
«Le insegnerete voi alla meglio intanto che è malata, ed appena starà bene me la condurrete».
«Siii» disse ancora la vecchia esitando; «ma alla filanda le aumenterebbero la giornata quando fosse cresciuta».
«Alla filanda non potrà durare ad andarci, e l'avrete sempre in casa malata, e non guadagnerà nulla» disse il Dottorino avviandosi per andarsene. Ma quest'ultima ragione aveva persuasa la vecchia Lucia, che domandò alla ragazza: «Vuoi andare a servire dal signor Dottorino? Di' su, la Matta, vuoi?» La fanciulla si strinse nelle spalle come per dire che le era indifferente.
Un mese dopo, la Lucia la condusse in paese vestita de' suoi abitini da festa, cogli zoccoletti in mano, i piedini nudi, ed il suo piccolo corredo in una pezzuola annodata per le cocche, e la installò in casa del nuovo padrone.
Nella sua remota gioventù la Lucia era stata parecchi anni a Novara al servizio di una famiglia agiata, ed aveva imparato abbastanza a cucinare ed a tener in ordine la casa, per poter avviare la ragazza a disimpegnare le sue faccende. Questa, intontita dai sette lunghi anni che aveva passati in mezzo ai rumori forti, incessanti della filanda, rimaneva spesso a bocca aperta dopo aver ricevuta un'istruzione, come se non capisse.
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