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      Per evitare quelle noie il castellano prese il partito di mandarlo a casa uscendo da tavola. Erano quattro ore che Giovanni doveva passare da solo a sola colla Matta. Per abbreviare il tempo, ebbe l'idea d'insegnarle a leggere. La serva si prestò volentieri a quel gioco tranquillo, e dopo parecchie lezioni riuscì a conoscere l'o. Sia che Giovanni lo scrivesse, o che le mostrasse in un largo stampato la lettera circolare, ella ripeteva o, o, e rideva di gioia. Ma le altre lettere incontrarono maggiori difficoltà ed il fanciullo, impazientito, si disgustò dell'insegnamento, e cercò altri passatempi.
      Trascorsero quattro anni; Giovanni aveva compiuto il corso delle quattro elementari, e tutto Fontanetto parlava del suo ingegno fenomenale. Ma in paese non c'era modo di fargli continuare gli studi.
      «Io non ho quattrini per mantenerlo a studiare in città; lo manderò a custodire le pecore come i figli dei patriarchi» diceva filosoficamente il Dottorino. Ma non isprecava il fiato a dirlo ai contadini; era troppo igienista per non sapere che il fiato è prezioso, e non va speso inutilmente. Lo diceva ai signori.
      Il signor Pedrotti, che aspirava alla sciarpa tricolore, capì che la provvidenza gli forniva il modo di farsi merito in paese come uomo generoso e benefico. Ed una sera propose agli altri possidenti di contribuire, tutti in parte uguale, alla spesa per mandare in collegio «quel povero fanciullo che s'era mostrato tanto intelligente».
      Si misero in sette, e trovarono a Novara un convento di Oblati dove la pensione era di quaranta lire al mese, e l'istruzione era buona.


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Il tramonto d'un ideale
di Marchesa Colombi
pagine 171

   





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