Quando tutto fu concluso, i sette mecenati chiamarono il Dottorino e Giovanni, ed il signor Pedrotti prese la parola e fece cadere dall'alto al beneficato la notizia del beneficio.
«Non basta aver del denaro, bisogna saperlo spendere con intelligenza e generosità; essere caritatevoli. Questo ragazzo ci sarà riconoscente per tutta la vita del bene che gli facciamo. Ne faremo un medico per curare i figli dei nostri villani, quando il Dottorino avrà mangiato il suo ultimo pranzo ed ordinato l'ultimo purgante».
Il Dottorino applaudì caldamente la facezia, e, calmata l'ilarità, il castellano riprese il discorso ed espose tutto il piano concertato, gli Oblati, le quaranta lire, i quattro anni di convento senza vacanze, l'università che verrebbe poi, ecc.
Le manifestazioni di gratitudine del Dottorino furono tali da appagare i benefattori, i quali osservarono, a sua lode, che non era «di quei poveri superbi che si danno delle arie dignitose da principi decaduti, e non si sa mai da che parte pigliarli».
Quanto a Giovanni, conosceva molti piccoli pecorai che si rotolavano giù per le chine, dormivano sull'erba al sole, si rincorrevano pei campi, erano in festa tutto il santo giorno; ed avrebbe preferito il primo disegno di suo padre, di mandarlo a custodire le pecore. Ma si adattò facilmente a far il dottore grazie alla prospettiva di andare a Novara, incontro ad una vita tutta nuova.
Partito il fanciullo, la casa del Dottorino rimase silenziosa come una tomba, e la Matta, contro ogni sua abitudine, trascurò le faccende, lasciò andar a male qualche piatto, e sarebbe diventata una cattiva massaia, se non avesse avuto un padrone energico, il quale, anche a costo di eccitarsi i nervi e di farsi del cattivo sangue, seppe correggerla in modo che ne portò le traccie per un pezzo, e comprese la necessità di tornare ai suoi doveri.
| |
Dottorino Giovanni Pedrotti Dottorino Dottorino Oblati Dottorino Giovanni Novara Dottorino Matta
|