Tratto tratto domandava alla Lucia quanto le aveva riposto alla Cassa di risparmio, e si rompeva la testa per calcolare se possedeva abbastanza per comperare un cavallo a dondolo che Giovanni aveva ammirato in un negozio di Borgomanero.
Dopo quella prima cresciuta rapida dell'adolescenza, la Matta non s'era allungata più; era rimasta d'una statura poco superiore alla media, e non era mai ingrassata. Aveva sviluppati i fianchi e le spalle, ma erano angolosi, e le mancavano tutte le curve tondeggianti che formano la bellezza della donna. Era bruna di carni, con molti capelli d'un nero carbone, che, a forza di ungerli, riduceva come un massa compatta e levigata. Aveva dei grandi occhi neri infossati, con le ciglia lunghe e folte, e le sopracciglia esagerate che si riunivano sopra il naso corto ed un po' monco alla punta. Gli zigomi sporgenti, le mandibole larghe, e le labbra grosse, che lasciavano vedere dei grossi denti bianchi, le davano l'aria d'una mulatta. A Novara, a ricordanza della vecchia Lucia, c'era stato un negro al servizio d'una famiglia nobile, che sfoggiava quell'oggetto di curiosità dietro la carrozza di parata. La Lucia aveva sempre sospettato che la Matta fosse figlia di quel negro.
Finalmente Giovanni tornò, ma era così alto, e parlava con una voce così grossa, che la Matta non ebbe più il coraggio di offrirgli i giocattoli vagheggiati. Egli s'era fatto più rustico che mai coll'educazione degli Oblati. Salutò suo padre senza espansione, ed alla serva rivolse appena un cenno del capo dicendo: «Oh, addio, tu!
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