È doloroso, quando s'è fatto tanto per guadagnarsi la benevolenza di tutto il paese, vedere il nostro unico discendente tanto degenere, da non sapere non solo imitare, ma neppure apprezzare le belle qualità paterne; ed il Dottorino, ferito appunto nel suo cuore di padre al riconoscere che Giovanni pareva mortificato di trovarsi là con lui invece di gloriarsene, lo andò a pigliare per un orecchio e gli disse: «Vieni qui, orso, e bacia la mano al tuo benefattore, e fa un complimento alla tua bella benefattrice».
Ma Giovanni nella sua rustichezza non sapeva inchinarsi né baciar la mano a nessuno. Si fece più rosso ancora, tanto che gli si gonfiarono le vene della fronte e gli occhi parvero schizzargli fuori delle orbite, e si tirò indietro senza parlare, salutando appena. Allora il Dottorino, che capiva di dover dare una soddisfazione al signor Pedrotti per riparare quella malagrazia del collegiale, lo respinse con un urtone dicendogli: «Va malcreato: non credo nemmanco che tu sia mio figlio».
Giovanni andò ad urtare contro la tavola che fece un gran tintinnio, poi si rimise in equilibrio, e, senza alzare gli occhi, rimase là immobile, ma colle mani tremanti e le labbra convulse, impallidito d'un tratto come se gli avessero cavato tutto il sangue.
«Lo lasci stare, dottore» disse il signor Pedrotti facendo spallucce. «È un ragazzaccio male educato, ma d'ingegno ne ha molto, e col tempo capirà quello che ci deve. Ne faremo un grand'uomo».
Giunsero gli altri commensali, ammirarono Rachele, salutarono, parlarono forte, dissero le notizie del giorno, il signor Pedrotti raccontò e fece ripetere il complimento del Dottorino: «Sei tu dal ciel discesa, o in ciel son io, son io con te.
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