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      Ma neppure gli spiriti più eletti si trovano sempre in perfetto accordo. Dirimpetto a Giovanni c'era la moglie del segretario comunale che non prendeva parte all'allegria generale.
      Era una donna sulla quarantina, lunga, magra, bionda, col viso arrossato dal sole, il che, da lontano, le dava una falsa apparenza di freschezza, e fomentava le sue pretese alla gioventù. Era sempre accigliata; parlava sempre colla bocca stretta, e con un piglio così aspro, che aveva l'aria d'ingiuriare la gente. Invece diceva sempre delle gentilezze, ed anche delle cose dolci: «Rachele, questa sera sei bella come un fiore» ed era come se avesse detto: «Come t'è venuto in mente di vestirti a quel modo?». Aveva la mania di cantare le romanze più languide del repertorio invecchiato in città:
     
      «Non mi chiamate più biondina bella,
     
      (qui il Dottorino susurrava invariabilmente che nessuno ci pensava più da un pezzo)
     
      Chiamatemi biondina sventurata».
     
      Intavolò con Giovanni un discorso sentimentale sulla musica: «Io la sento la musica. La sento tanto che ne patisco. Mi fa sempre piangere. Sul lago d'Orta l'anno scorso abbiamo sonato e cantato in barca, di notte, al chiaro di luna. C'era un flauto. Ah, quelle note del flauto! Io t'amerò finché le rondinelle...»
      Giovanni, che per la prima volta si vedeva trattato da uomo e preso a confidente da una signora di tanta autorità, credé bene di risponderle approvando interamente i suoi gusti musicali. Recitò con calore mezza appendice che aveva letta in un giornale di Milano, e fece una tirata contro Wagner, tirata che la signora udì con profonda stupefazione.


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Il tramonto d'un ideale
di Marchesa Colombi
pagine 171

   





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