.. Non c'era altro; ma su quella magra tela, e su quel saluto freddo, egli ricamò tutta una storia d'amore e d'abbandono, nella quale si assegnava la parte interessante della vittima... E la mattina seguente, che era appunto domenica, andò in chiesa, si mise in capo al banco dei signori Pedrotti, nell'atteggiamento che pigliano nei romanzi gli amanti infelici, e per tutta la durata delle funzioni perseguitò Rachele con uno sguardo pieno di dolore e di rimprovero.
Rachele ne fu profondamente turbata.
Quando Giovanni fu per partire, il signor Pedrotti lo invitò ancora una volta a pranzo. Il Dottorino portò quella notizia al figlio, ed era giubilante. Un pranzo signorile era sempre un avvenimento felice per lui.
Giovanni ne fu invece agitatissimo, e fantasticò i più strani disegni, che gli tolsero il sonno.
Il giorno dopo, al momento di presentarsi in casa Pedrotti, era estenuato d'aver vegliato tutta la notte su quel pensiero, in un'alternativa febbrile di fantasticherie amorose, di sdegni, di rimproveri, di scene di riconciliazione, sulle quali aveva pianto lacrime bollenti nel segreto del suo guanciale.
Per questa volta era ben sicuro che lo butterebbe fuori quel segreto che lo torturava. Gli pareva che, dopo quanto aveva sofferto, gli riuscirebbe più facile parlare che tacere. «Perché mi ha salutato con quella freddezza? Che cosa le ho fatto? Non si ricorda i fiori che ha messi per me sulla tavola dei bambini? Crede che io non abbia capito cosa volevano dire quei fiori? Erano una dichiarazione, erano una promessa.
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