Fece un passo verso Rachele come per dirle: «Ti amo!», ma un impeto di pianto gli gonfiò il cuore; non disse nulla, e si abbandonò sul parapetto di marmo singhiozzando disperatamente.
Rachele alzò il capo e domandò: «Giovanni, che cos'hai?». Ma la sua voce era mutata. Anche lei piangeva.
Un momento tutte le esitazioni cessarono. Giovanni si rizzò col volto infiammato e cominciò con un impeto di passione: «Ho che sono pazzo, ho...».
Due bambini si gettarono fra loro a capo fitto strillando di gioia, e li respinsero contro il parapetto, e tutti i sigari dei vecchi luccicarono infocati.
«Ho che...» ripigliò Giovanni a bassa voce ed esitando; e non trovò più altro. Rimasero muti tutti e due, a capo chino, poi egli stese per la prima volta la mano in atto di congedarsi, e Rachele vi pose la sua. Entrambe erano diacce e tremavano forte. Giovanni strinse quella mano disperatamente, poi colla voce oscillante come un ubbriaco, susurrò: «Non glielo posso dire che cos'ho». E se ne andò quasi correndo, finché fu vicino a quelle punte di sigari che parevano avanzarsi per divorarlo.
Quando fu lontano dalla fanciulla, tornando a casa pei violotti bui, accanto al padre che traballava camminando, Giovanni fu preso da un impeto di sdegno contro se stesso, si die' con persistenza dello sciocco ad alta voce, e pianse rabbiosamente. Aver lasciata fuggire un'occasione tanto favorevole senza approfittarne, senza dire tutto ciò che aveva nel cuore! E doveva passare un anno intero prima di rivedere Rachele!
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