Poi ripeté, come se non fosse certo d'aver capito: «Sposare mia figlia!».
Giovanni chinò il capo come un colpevole, e lanciò il suo miglior argomento cavato dal fondo del cuore: «Le voglio tanto bene!».
«Ti ringrazio dell'onore» disse con ironia il signor Pedrotti.
«E lei pure vuol bene a me» soggiunse Giovanni, in cui l'indignazione era pronta, e ravvivava il coraggio.
«Me ne congratulo tanto, ma sai cos'ha di dote mia figlia?»
«Io non gliel'ho domandato, e la sposerei soltanto quando avessi altrettanto anch'io».
«Ah bene: allora ne riparleremo». Ed il proprietario si rizzò indispettito come per chiudere la seduta. Ma Giovanni aveva ripreso ardire a quel rifiuto scortese, ed insistette: «Mi basta che lei prometta di non darla ad altri, e di concederla a me quando mi sarò fatto un nome ed una rendita».
«Oh! io non firmo cambiali a così lunga scadenza» disse il signor Pedrotti facendo una spallucciata ed avviandosi all'uscio.
«Non m'ha detto che ha fede in me?» domandò Giovanni con accento di rimprovero.
«Oh, mi pare che basti!» gridò il possidente con un impeto di rabbia e picchiando un piede in terra. «T'ho dato retta anche troppo. Cosa ti credi d'esser diventato, per quello straccio di laurea che abbiamo pagato noi? Mia figlia non è per te, né ora, né mai. Mettitelo bene in testa. Voglio che faccia un matrimonio degno di lei e di me».
«Ma posso diventarlo anch'io degno di lei» ribattè Giovanni fremente di sdegno.
«Nossignore!» proruppe l'altro gettandogli quella parola in faccia come una ceffata.
| |
Pedrotti Giovanni Giovanni Pedrotti Giovanni Giovanni
|