Aveva un'aria di sfida che quei signori trovavano strana. Gli rispondevano meravigliati: «Ma bene, bene, ragazzo. Se farai fortuna, meglio per te. Io te l'auguro».
E poi quand'era uscito pensavano crollando il capo: «Con chi l'ha? Sembra che abbia bevuto».
Giovanni tornò a casa col carrozzino che doveva condurlo a Borgomanero alla stazione della strada ferrata. Entrando nella sua camera per pigliare la valigia, sorprese la Matta che guardava ancora curiosamente il volume riportato dal castello.
«Lascia stare!» le disse con dispetto. E strappandoglielo dalle mani, gettò la preziosa seconda edizione dei Promessi Sposi sull'ultimo palchetto in alto della libreria. Poi salutò in fretta suo padre, salì nel biroccino e partì.
«Anche lei! Ebbene, vedrà!» aveva borbottato ancora Giovanni ripassando, nel calessino sgangherato, accanto al fossato del castello.
O la Rachele s'era lasciata convincere dalle ragioni grossolane di suo padre, o aveva ceduto, anche non convinta, alla sua autorità. Ad ogni modo non aveva saputo amarlo coll'energia ch'egli sperava; aveva diffidato di lui.
Questo gli metteva una grande amarezza nell'anima; ma non lo scoraggiava; lo spronava più che mai a lavorare, a conquistare un posto in società per poterle dire: «Vedi che hai avuto torto a dubitare di me!». Aveva creduto un momento d'aver bisogno d'una promessa di lei per sostenere il suo coraggio; ed ora invece la mancanza di quella promessa rinfocava il suo ardore, perché gli dava la paura di non giungere in tempo.
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