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      Ma questa considerazione non impediva a Giovanni di sentirsi le membra irrigidite e le mani paralizzate dal gelo nelle lunghe sere d'inverno, che passava solitario a scrivere al lume d'una lucernetta a petrolio. Ed anche questa era causa di continui rabbuffi da parte del fornaio. Appena la sua grossa testa, ricciuta in giro e calva nel mezzo come quella d'un san Giuseppe, spuntava dal suolo, alzandosi a misura che saliva la scala, si cominciavano a sentire delle ispirazioni rumorose, come di chi cerca di riconoscere un odore; poi una serie di «Uhm! Uhm!» gli contraeva le grosse labbra, e finalmente, mentre il passo pesante dell'omaccione faceva tremare la stanza, lo s'udiva borbottare: «Questo maledetto petrolio! Con tanto legno intorno! Ma! Ma!».
      Giovanni tirava via a scrivere. Ma le recriminazioni proseguivano dall'altra parte del tavolato fra i due coniugi, che in causa di quel tenue tramezzo, non aveva segreti pel loro inquilino. Del resto non erano cattiva gente; ed il giovine avvocato, che badava alla sua meta, li lasciava dire.
      Sovente nel dicembre, quando il freddo era più intenso, l'udire quei due, che si voltolavano tepidamente nel loro letto di foglie di grano turco, evocando quelle immagini ardenti di fuoco e d'incendio, gli dava una tale smania, che avrebbe voluto erigere una pira di forme, di zoccoli e di trucioli, e sgranchirsi deliziosamente alla vampa.
      Ma poi pensava a Rachele, e diceva: «Un giorno saprà quanto ho sofferto per lei». E ci metteva dell'orgoglio a sfidare quei patimenti, ed a sentirsi eroico.


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Il tramonto d'un ideale
di Marchesa Colombi
pagine 171

   





Giovanni Giuseppe Rachele