«Cosa vuoi farne?» domandò il parroco.
«Comperare i mobili...» implorò la povera donna.
«Sarebbe un prestito che faresti al figlio del tuo padrone?»
«Sono suoi» disse la Matta con generosa convinzione. «E il padrone è lui».
«Ma dei mobili cosa vuoi farne?»
«Portarli al padrone. Ma bisogna insegnarmi la strada».
Il parroco rimase perplesso. Non voleva abusare della generosità stupida della povera serva. D'altra parte sapeva che i mobili del Dottorino non potevano fruttare in tutto che un centinaio di lire. Invece, le cinquecento lire all'incirca che offriva la Matta erano bastanti per pagare i creditori ed anche la parrocchia. Ci pensò a lungo, perché non aveva la mente molto svegliata; ma finì per trovare una soluzione: «Tu comperi i mobili per conto dell'avvocato» disse alla Matta. «Più, gli presti il rimanente della somma per pagare i debiti di suo padre. Io farò in modo che ti rimanga da pagare il viaggio ed il trasporto dei mobili. E tu, andando a Milano colla roba, gli dirai la cosa com'è, e ti farai restituire il fatto tuo. Gli dirai che, se non ha fede nella tua parola, scriva pure a me, ch'io attesterò del prestito che gli hai fatto di cinquecento lire...».
Di tutto questo la Matta non capì nulla, assorta com'era nell'idea d'andare a Milano da Giovanni e di portargli i suoi mobili, che dovevano fargli tanto piacere. Dove fosse Milano, come potrebbe arrivarvi, non ci pensava più. Il parroco le avrebbe insegnata la strada.
Andava a servire Giovanni, a fargli da pranzo, a spazzolargli i vestiti, a rifargli il letto.
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