Guardava con diffidenza quel pezzo di carta che doveva farle restituire i mobili a Milano e lo teneva preziosamente stretto in mano, sebbene dubitasse del suo valore. Il carrettiere le disse: «Vedrete come si va presto là dentro. Altro che sul carro!»
Ma lei non gli diede retta rispose soltanto: «Siete sicuro che me li restituiranno quando sarò a Milano?»
Si avvide appena della rapidità della corsa; non poteva essere bastantemente rapida pel suo desiderio. Scendendo a Milano si gettò sul primo impiegato delle ferrovie che vide, col suo biglietto in mano, e non badò a nulla, fuorché alla ricerca dei mobili.
Il facchino che li caricava, vedendo quella specie di selvaggia, le disse: «È la prima volta che venite a Milano?»
La Matta stese ansiosamente le mani verso uno stipo sgangherato che egli stava sollevando e non rispose.
«Vedrete com'è grande e bella Milano!» tornò a dire il facchino. «Più del vostro paese. Di dove siete?»
«Badate che non si rompa; posatelo pianino» gridò la Matta tutta assorta nella responsabilità di quello stipo.
Percorse le contrade, a piedi, dietro i due carri tirati dai facchini, cogli occhi fissi sui mobili, senza badare ad altro. In piazza del Duomo il facchino ciarliero si voltò per godere della sua meraviglia. Ma la Matta non guardava il Duomo. Pensava che stava per veder Giovanni, per comparirgli dinanzi improvvisamente, le batteva il cuore, ed aveva una inesplicabile paura. Poi pensava alla gioia che proverebbe ricevendo i suoi mobili.
«Tanta bella grazia di Dio che volevano vendere!
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