«È vero» pensò. «Sono troppo vecchia per l'amore, sono troppo provinciale per lui; è disposto a sposarmi per sentimento d'onestà, soltanto per questo».
Ed un gran dolore, un immenso sconforto le strinse il cuore. Il dubbio che l'aveva colta per via d'avergli fatta un'impressione sfavorevole, si confermò, divenne certezza. Si sentì morire di dentro, mentre stava là ritta, immobile sul divano, colle mani incrociate in grembo e gli occhi sulle mani. Giovanni dovette ricominciare a parlar lui; ma andava cauto; era andato là col proposito di sposare Rachele; ed ora aveva paura di compromettersi. Ma tuttavia era impossibile evitarlo. La loro situazione reciproca, tutto il passato li comprometteva. Bisognava parlare di quello ad ogni costo, abbandonarsi al destino.
«Sicuro; meglio tardi che mai» disse. «Siamo ancora in tempo a mantenere le nostre promesse...»
«O Dio! No» esclamò Rachele col pianto alla gola dinanzi a quella calma fredda che la umiliava. «Non parliamo del passato».
«Perché?» domandò Giovanni col tono di voce indulgente che si usa per confortare una persona a cui si vuol molto perdonare.
«Perché non è più tempo per me di pensare a... certe cose...».
Egli l'ascoltò con aria afflitta, e disse per cortesia: «Ma che, le pare? È ancora molto giovine...»
Ma i suoi occhi la fissavano con aria di pietà come se dicessero: «Pur troppo è vero, che peccato!»
«No no» riprese lei. «Ci siamo avviati per due vie differenti...»
Aveva cominciato a dire con fermezza; ma intanto che parlava, le si erano empiti gli occhi di lacrime e la voce s'era alterata; se avesse aggiunta una parola di più, se avesse detto come aveva in mente di dire: «Le nostre promesse erano ragazzate» sarebbe scoppiata in pianto; perché, soltanto il pensiero di dire quella cosa crudele, le aveva gonfiato il petto d'un singhiozzo, e l'aveva obbligata a star zitta per frenarlo.
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