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      Poi aveva pensato, perchè mai non li aveva conosciuti quei parenti; perchè mai il suo babbo e la sua mamma non li frequentavano affatto quando erano nella prosperità, o, almeno, quando se la spassavano? E perchè avevano ricorso a loro quando s'erano trovati in quel gran guaio ed abbandonati da tutti? Lo sapevano dunque che quelli erano più buoni di tutti? Che erano capaci di perdonare il loro lungo abbandono, la loro noncuranza, e di fare del bene senza badare al proprio risentimento, soltanto perchè gli altri ne avevano bisogno e perchè era bene? Aveva pensato tutto questo il piccolo Vicenzino; ed il suo cuoricino di bimbo si struggeva di tenerezza per quegli zii che avevano soccorso il suo babbo.
      Dacchè aveva cominciato a ragionare, il suo babbo era stato l'amore, la gioia ed il cruccio della sua giovane vita. Mentre la sua mente precoce vedeva e riconosceva i torti di quell'uomo, il suo cuore ne era affascinato. La madre non lo aveva mai vezzeggiato molto; il suo amor proprio di bella donna non era lusingato dall'aspetto malaticcio di quel bimbo, che fino ai cinque anni era stato quasi incapace di camminare; e quando il bimbo, un po' rinvigorito, aveva cominciato a crescere, a muoversi come gli altri, e ad essere ammirato per la sua bellezza gracile ed un po' effeminata, la povera donna era già tanto ammalata che non prendeva più interesse a nulla.
      Il padre invece, dacchè suo figlio aveva sviluppata quella gentile ed esile persona, che gli dava l'aria d'un piccolo principe, dacchè quel volto bianco, quegli occhi turchini, quei lineamenti delicati avevano perduta l'espressione penosa della sofferenza, andava superbo della bellezza del fanciullo; lo chiamava "il suo arcangelo biondo", si gloriava di lui come si era gloriato della moglie quando questa era stata oggetto dell'ammirazione di tutti, più per vanità che per intensità d'affetto.


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Senz'amore
di Marchesa Colombi
Editore Alfredo Brignola
1883 pagine 181

   





Vicenzino