XI.
Intanto Vicenzino proseguiva la sua corsa sfrenata, fremendo all'idea di non giungere in tempo, singhiozzando, smaniando ad alta voce. Dopo un tratto vide venire una carrozza, e le si precipitò contro a rischio di farsi sfracellare, gridando colla voce strozzata dall'ansimare violento:
- Lasciatemi salire; presto; bisogna che io sia a San Germano fra un quarto d'ora.
Era la carrozza di una famiglia signorile di Santhià; il cocchiere conosceva il piccolo Dogliani, l'americano, e lo tirò su quasi senza fermare, dicendo:
- Perchè non pigliare la strada ferrata, se aveva tanta fretta?
A quel pensiero Vicenzino si cacciò le mani nei capelli e mise un grido furioso.
Aveva lasciato morire il cugino per la sua balordaggine!
Come mai non aveva pensato alla strada ferrata? Era impazzito di certo...
E fece per balzar giù dalla carrozza, come se volesse prendere il treno. Davvero il dolore e lo spavento lo facevano delirare. Il cocchiere lo trattenne, e, un po' colle buone, un po' colla violenza, riuscì a persuaderlo che il treno era passato da mezz'ora, per conseguenza prima che egli avesse ricevuta la lettera di Vincenzo. Era commosso anche lui da quella disperazione, e frustava i cavalli senza pietà, e li faceva volare addirittura sulla strada maestra. Ma Vicenzino si impazientiva di rimanere inerte in carrozza; batteva i piedi furiosamente, si mordeva i pugni, si strappava i capelli.
Appena vide il campanile della chiesa di San Germano, cercò un'altra volta di buttarsi giù, come per arrivare più presto all'albergo; ma il cocchiere lo frenò ancora giurandogli che arriverebbero prima colla carrozza; ed infatti, dopo due minuti, si fermava all'albergo del Gallo, dove Vicenzino saltò nell'atrio e infilò la scala, senza neppur aver aperto lo sportello della carrozza.
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Senz'amore
di Marchesa Colombi
Editore Alfredo Brignola 1883
pagine 181 |
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