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      Il medico si strinse nelle spalle, ed applicò al paziente due vescicanti che aveva fatti preparare. Sotto l'azione di quella prova dolorosa, Vincenzo ebbe un lieve sussulto, e poco dopo mosse una mano, come per portarla alla parte dolente.
      Ma non fu che un cenno, a cui le forze non risposero, e, dalla bocca aperta, non uscì alcuna, voce. Tuttavia la respirazione si era fatta quasi regolare, e, dopo circa mezz'ora di cure energiche, Vincenzo aperse gli occhi e fissando le pupille dilatate sul volto di Vicenzino che gli stava dinnanzi, parve riconoscerlo.
      Tuttavia la sentenza del medico non fu consolante.
      - Ha perduto troppo sangue, disse; è impossibile che si riabbia da sè. Soltanto la trasfusione potrebbe salvarlo.
      Vicenzino si rizzò, impetuoso ed ardente come un eroe che corre al sacrifizio, gridando:
      - Oh il mio sangue, tutto il mio sangue per lui!
      Ma anche questa volta il suo eroismo fu inutile.
      L'oste possedeva un agnello, ed il medico preferì aprire le vene di quella bestia, che quelle di un essere umano, il quale non sembrava neppur averne di troppo. L'operazione fu fatta con rapidità, e l'effetto ne fu quasi immediato.
      L'infermo mise due o tre gemiti, girò gli occhi intorno, fece un lieve cenno di saluto a Vicenzino, ingoiò qualche cucchiaio di marsala, poi ricadde in un assopimento profondo ma tranquillo. Allora il medico dettò le prescrizioni per la notte; brodo ristretto, vino, cordiali, ed il più assoluto riposo; poi si ritirò, promettendo di tornare il mattino, e lasciando buone speranze.


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Senz'amore
di Marchesa Colombi
Editore Alfredo Brignola
1883 pagine 181

   





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