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      Vicenzino rimase solo dinnanzi a quell'ombra dell'amico adorato, del fanciullo forte e felice, che era andato a cercarlo nel suo abbandono, che gli aveva dato una casa, una famiglia.
     
     
     
      XII.
     
      Vicenzino stette un pezzo accanto al letto, contemplando quel bel volto di una pallidezza marmorea, quegli occhi profondamente infossati, curvandosi coll'orecchio sulle labbra di Vincenzo per udirne il respiro lieve come un soffio. Oh! era così felice di poter udire quel respiro! Era stato lui che glielo aveva dato. Gli pareva che Vincenzo gli appartenesse come cosa sua, dopo che, in un modo qualunque, aveva contribuito a richiamarlo alla vita. Provava un sentimento grave di responsabilità, come se omai toccasse a lui di render conto al mondo della felicità di quell'esistenza che aveva voluto ad ogni costo strappare alla morte. La sua amicizia si riscaldava d'una tenerezza protettrice, paterna. Sentiva un gran desiderio di togliere all'immobilità quella creatura che aveva un po' messa al mondo lui, di abbracciarla, di farla parlare, di sentirla vivere. Dovette allontanarsi per resistere alla tentazione.
      Pian piano, camminando in punta di piedi, andò a sedere accanto alla finestra aperta. Nell'immenso buio di quella notte soffocante d'agosto, nel silenzio profondo del villaggio addormentato, la sua fantasia da poeta evocava come un'oasi laggiù, lontano, la casa di Santhià, coi vetri delle finestre scintillanti al sole, e la porta aperta, e sulla soglia il bel vecchio coi capelli bianchi, e le fanciulle sorridenti, e tutte le braccia stese verso di lui, portatore della lieta novella.


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Senz'amore
di Marchesa Colombi
Editore Alfredo Brignola
1883 pagine 181

   





Vincenzo Vincenzo Santhià