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      Io ne ero certo lusingato e felice; ma non avrei voluto per nulla al mondo che Fulvia si accorgesse che io... cioè che la marchesa aveva il cuore preoccupato. E però le ricordai che quando volesse ritirarsi, ero a' suoi ordini.
      Ella si trattenne sino alle dieci soltanto. Mentre uscivamo. Vittoria mi strinse la mano e mi susurrò:
      - Tornate?
      Io le risposi con un cenno affermativo; ma nella mia alta prudenza avevo già deciso che non tornerei. Fulvia poteva aver concepito qualche sospetto, ed io sentivo di doverla persuadere, pel decoro della donna mia, che il mio cuore... cioè che il cuore di Vittoria era completamente libero. E però, rientrato con Fulvia all'Albergo Milano, posai il cappello coll'aria tranquilla d'un uomo cui nulla fa premura, deciso a trattenermi.
      Vittoria avrebbe dovuto essermi riconoscente di quel sacrifizio fatto al suo decoro.
      La giovane mi guardò un momento con meraviglia, quasi aspettando che mi congedassi. Io sedetti accanto alla sua tavola, e mi posi a sfogliare un albo. Ella allora mi offerse un sigaro, e si pose a sedere dall'altro lato del tavolino.
      Per verità, benchè non ci mettessi interessamento di sorta, il tempo mi passò veloce tenendo dietro alle matte scorribande di quel cervellino per le vie più torte della fantasia.
      Quel poco che sapeva del mondo lo presentava in modo affatto nuovo; aveva il dono di sorprendere sempre. Quando la lasciai erano le undici, e dovetti confessare a me stesso che uno spirito elegante e sereno, per chi non avesse come me un'altra passione, può piacere non meno che un'immaginazione vaporosa e sentimentale.


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





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