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      Avevo amata Vittoria con tutta l'anima; la passione mi aveva trascinato per un pendėo fatale e colpevole.
      Le gelosie, gli ostacoli, l'acre sapore del frutto proibito e, pių che tutto, il bisogno d'amare del mio cuore giovane ed ardente, avevano prolungato per quattro anni quell'accecamento passionato, che in una natura pių fredda, in una mente pių calcolatrice, e perō pių egoista, sarebbe cessato dopo pochi giorni. Quando conobbi Fulvia, un nuovo amore, ed un amore puro, legittimo, pieno di speranze e di sorrisi, che poteva fare la felicitā di due cuori, senza frangere altri cuori, senza ledere nč l'onore nč l'amicizia, senza dare rimorsi nč a me nč ad altri, aveva cominciato a balenare alla mia mente come cosa che riguardasse Giorgio. Cosė lo avevo compreso, apprezzato. A poco a poco, senza ch'io stesso me ne rendessi conto, quella luce pura aveva albeggiato sul mio proprio orizzonte, mi aveva presentato la vita passata e la futura sotto un nuovo aspetto. Allora vidi l'errore che la passione mi aveva celato. Considerai me stesso e gli altri, sperai di potermi togliere a quella falsa posizione attingendo in un amore innocente la forza di strapparmi a' vincoli, a cui tuttavia mi legavano le memorie, le abitudini, la riconoscenza. Se avessi preso quella risoluzione senza l'aiuto ed il conforto d'un nuovo affetto, sarei stato pių eroico. Io non fui che un uomo d'onore; accettai la forza piovutami in cuore senza demandarle da qual parte venisse; avevo trent'anni, ed avevo sostenute per quattro anni con fede e costanza le tempeste d'un amore clandestino; chi potrebbe farmi una colpa d'aver accolto nel mio pensiero la speranza d'un amore giovane ed ardente come il mio cuore?


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





Vittoria Fulvia Giorgio