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      Tuttavia non fu senza lagrime che tracciai quella lettera che doveva frapporsi, barriera eterna, fra me e Vittoria.
      Il mio cuore è buono; sentii il suo dolore, ne presi la mia parte. Dinanzi alla crisi tremenda della separazione, tutti i trasporti si ridestarono in me. La bella figura piangente di Vittoria grandeggiò ai miei occhi di tutta la nobiltà della sventura; tutti gl'istinti generosi dell'anima mia mi riportarono verso di lei; dimenticai la lieta artista che non aveva avuto ancora per me nè un palpito nè una lagrima.
      Se la donna mia fosse stata libera, quel salutare ritorno su me stesso mi avrebbe ricondotto a lei per sempre; ed a lei, a lei sola, avrei domandato ed offerto, nella serena dolcezza d'un amore senza colpa, l'obblio dei nostri torti, dei nostri rimorsi. Un istante gettai la penna e volli correre a lei, ma l'incanto omai era sciolto; e non mi era più possibile di calpestare l'onore e l'amicizia che si frapponevano fra noi. Se prima, cieco ed impetuoso, meritavo perdono, ora ipocrita e consciamente colpevole, avrei meritato disprezzo.
      Ripresi la lettera incominciata, ed ebbi il coraggio crudele di compierla; e quando l'ebbi fatta consegnare a Vittoria, mi sentii migliore. Ella mi rispose un biglietto rassegnato e melanconico in cui mi domandava di continuare a frequentare la sua casa per salvare le apparenze, per evitare i commenti. Nella gioia come nel dolore gli amori colpevoli impongono la finzione ed il calcolo.
     
     
     
      IX.
     
      Per tutto quel giorno non vidi Fulvia. Omai non era più possibile l'illusione.


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





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