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      Che mi disse Vittoria in quel frattempo? Che le risposi? Si avvide della mia agitazione? Mi trovō crudele? O ridicolo? Non ne so nulla; non vi pensai punto. Dimenticai lei ed il mondo; rimasi solo col mio amore. Oh gioventų, gioventų!
      Ed i giorni correvano veloci, ed io correva con loro a capo fitto in quella vertiginosa tempesta del cuore; dramma palpitante che si agita nell'intimo del nostro essere, celato al di fuori dalle frivolezze e dai sorrisi.
      Fulvia teneva sulla tavola un albo, ed io vi avevo giā scritto e riscritto il mio amore in versi ed in prosa. E tuttavia nč io credevo averglielo rivelato, nč ella averlo compreso. Perchč prima e dopo della mia parola che partiva dall'anima, erano altre parole che sa Iddio d'onde venissero. Tutti scrivevano su quell'albo, ed io lo presi in orrore.
      Una sera vidi sulla sua tavola tra i fogli di musica, gli albums, i mazzolini di fiori, i libri, i lavori all'uncinetto, che l'ingombravano, un pezzettino di carta su cui, non so chi, aveva scritto parecchie volte Fulvia Zorra. Per tutto il tempo che rimasi tenni quel pezzetto di carta tra le mani, lo piegai in quadrato, in triangolo, ne feci una barchetta, un cappello da carabiniere, un imbuto, e tante altre cose sciocche; e di volta in volta prima di ripiegarlo guardavo Fulvia, poi leggevo il suo nome, poi tornavo a guardarla, e mi pareva di esprimere qualche cosa che ella dovesse comprendere. Quando si fece tardi, e stavamo per congedarci, io e tutti gli altri che eravamo a far la corte a Fulvia, ridistesi accuratamente quel cencetto di carta, e sotto il nome della giovane scrissi in caratteri microscopici Massimo Guiscardi.


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





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