- Pur troppo è così, pensai. - E già rimpiangevo che la nobile fanciulla da me ideata non fosse che una piccola intrigante in cerca d'un marito. E colla morale un po' opportunista d'un giovane innamorato, dissi tra me:
- L'avrei preferita meno onesta, ma più schietta.
M'ero ingannato ancora. Fulvia si fece anche più mesta di prima; e prendendomi la mano in atto riconoscente mi disse:
- Sarebbe impossibile, Max. Ve l'ho detto, sono promessa ad un altro.
Questa risposta, anzichè addolorarmi, mi colmò di gioia. Ella non aveva mentito. Era sempre quella donna nobile e leale, incapace di finzione e di calcolo. Ancora una volta mi pentii di averla calunniata nel mio pensiero.
- Ebbene, le dissi, amatemi come un fratello; e non pensiamo ad altro, e speriamo nell'avvenire. - E suggellai quelle parole fraterne con uno di quegli sguardi in cui l'amore ha stillato tutto il suo nettare e tutto il suo fiele.
Ma ella piangeva ed io era triste.
Pensavo che quella donna non sarebbe mai mia, e sarebbe un giorno d'un altro. Pensavo che questo altro era stato amato da lei, non fosse che un'ora, quando gli aveva fatto quella promessa. Ma tali promesse chi pensa a mantenerle quando è cessato il sentimento che le ispirava? Ed a che servirebbe? - Perchè dunque Fulvia sposerebbe un uomo che non ama più, ella così sincera, invece di dirgli francamente: "Io non vi amo più; non potrei farvi felice; per la felicità che vi tolgo, vi ridono in compenso la vostra libertà." - Perchè? Questo vincolo aveva qualche cosa di misterioso ai miei occhi.
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Max Fulvia
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