Uomini dalla voce dolce come una melodia, profonda come un pensiero, passionata come un bacio - la voce di Giorgio. I giovani dai palmerstons profumati, dai capelli unti e lucenti, dalla scriminatura dritta come una rotaia di ferrovia, gli eleganti che discorrono di toletta, e ne mutano tre ogni giorno, erano a' miei occhi ridicoli. Non me ne occupavo che per farne la caricatura.
Il mio maestro di canto era appunto uno di codesti. Sembrava una figurina tagliata fuori da un giornale di mode. S'inchinava in due tempi; parlava sotto voce con un garbo inalterabile; era sempre del parere delle signore, e nelle sue stesse lezioni sapeva non contraddirmi, apertamente, e non riscaldarsi mai. I suoi lineamenti erano belli, d'una bellezza regolare e fredda. Viso ovale, occhi nč grandi, nč piccoli, colorito fresco, profilo greco, labbra rosse che nel parlare lasciavano vedere i denti d'una bianchezza abbagliante. La sua barba d'un biondo fulvo, ed i suoi baffetti erano evidentemente l'oggetto delle sue cure amorose. Parlava poco, ed era sempre dello stesso umore; nč troppo serio, nč troppo gaio. Aveva l'aria d'un cortigiano aspirante che facesse la sua pratica nell'etichetta di corte. Quando lo conobbi mi fu antipatico. Quando l'udii parlare, il suo accento straniero e la sua voce - sopra tutto la sua voce - finė di rendermelo repulsivo. Era una vocina di testa, con una nota cavernosa nel naso, che ad ogni tratto risuonava come una corda spezzata. Avevo sul pianoforte il metronomo per misurare il tempo.
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Giorgio
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