Il mio maestro non mi parve più animato di quello strumento. Avrei giurato che aveva una complicazione di ruote e d'ingranaggi al posto del cuore, e la sua bellezza mi lasciava fredda come la bellezza d'un fantoccio.
In fatto di musica egli apparteneva a quella scuola che i profani chiamano dell'avvenire. Quanto a me, non avevo ancora opinioni; le cadenze lente e melodiche mi eccitavano il sentimento e mi riescivano facili; ed io le cantavo di preferenza.
Un giorno il maestro entrò ch'io stavo intuonando, forse per la decima volta, un'aria della Straniera:
Trovarti, rivedertiUn solo istante ancora...
Contro tutte le sue abitudini, il calmo tedesco fece un atto di dispetto, tolse quella musica dal leggìo e la respinse dicendomi:
- Non s'innamori di questa roba!
Io mi sentii offesa nel mio sentimento più caro. Avevo messa tanta espressione in quel canto, che mi figuravo di far pensare lui come tutti, ad un assente rimpianto, cui aspirassi di trovare e rivedere. Le mie compagne me l'avevano fatta ripetere a sazietà, e mi avevano detto:
- Si sente che ci metti tutta l'anima.
- Si direbbe che hai delle lagrime nella voce, ecc.
Ed ecco invece che quel glaciale tedesco non comprendeva nulla di tutto ciò; e là dove si esprimeva un dramma di sentimento, egli non vedeva che la povertà d'una combinazione di crome e semicrome; nel grido dell'anima che deplorava l'assenza d'un essere amato, egli non deplorava che l'assenza di complicazioni armoniche e d'istrumentazione. Ne fui irritata, e, senza nasconderlo, gli risposi:
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Straniera
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