D'allora venne sempre a darmi lezione e non si parlò più di compenso. Non era il mio fidanzato?
Tutti gli spartiti che mi occorrevano, egli trovava per caso di averli fra le sue carte. E molto spesso li aveva nuovi. Io mi accorgevo di tutte queste gentilezze, e le accettavo con riconoscenza. Ricusare quelle delicate premure mi sarebbe sembrato una sgarbatezza. Veniva ogni giorno, si occupava di me parecchie ore di seguito; attento, severo, instancabile, mi fece fare progressi insperati. Mi procurò molte conoscenze nel mondo musicale, e quando mi credette capace di figurar bene, combinò un concerto, sa Iddio con che fatiche, con quante brighe, unicamente per farmivi avere una parte!
Quella sera condusse seco l'impresario del Carcano che era a Torino, me lo presentò, e risparmiandomi viaggi inutili, incertezze d'ogni maniera, e sopratutto le presentazioni umilianti alle agenzie teatrali, mi procurò una scrittura assai conveniente per una esordiente.
Tutto codesto, lo vedete, Massimo, è prova d'un nobile cuore; ed io me gli sento legata per la vita.
Ma tutti i sogni d'amore tempestoso che avevo vagheggiati quando ero in collegio, non si realizzarono mai. Non mi accadde mai di vedere Welfard irrompere in casa mia improvvisamente. Mai non mi propose di uscire una sera con me, quando il babbo mi accompagnava a passeggio. Mai non interruppe una lezione in un impeto d'affetto per stringermi al suo cuore. Veniva ogni giorno alla stessa ora; mai un minuto prima. Partiva ogni giorno alla stess'ora; mai un minuto dopo.
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