Mai una parola appassionata; mai un impeto di gelosia.
Quante volte ne ho pianto in segreto, invocando con tutta l'anima un amore caldo, passionato come quello ch'io mi sentivo nel cuore! Quante volte, dopo aver divorato lungamente le mie lagrime, esse mi sfuggirono dinanzi a lui! Allora, nell'angoscia che mi premeva, gli rimproveravo la sua freddezza, l'indifferenza con cui mi vedeva imprendere una carriera tanto piena di seduzioni.
Avrei voluto che vi si opponesse, che mi facesse delle scene violente, che mi tormentasse con sospetti ingiuriosi. Tutto ciò mi avrebbe provato che era geloso, e però, che mi amava.
Ed egli mi rispondeva con parole d'affetto, diceva che mi amava immensamente, ma mi apprezzava altrettanto, ed aveva fiducia in me. Per questo non era geloso. Che la sua passione non era meno grande per esser meno espansiva; era il suo carattere così.
Ed è vero, Max. Era il suo carattere così. Ed era quel carattere freddo, che non rispondeva al mio, appassionato ed ardente, e mi rendeva infelice.
In termini legali, la causa della mia infelicità si chiamerebbe appunto incompatibilità di carattere.
E realmente credo che sia tale, perchè, se la freddezza di Welfard è un tormento per me, lo scontento che io ne provo, la melanconia che me ne risulta, le mie frequenti lagnanze, sono un tormento per lui. È così che, amandoci sinceramente, ci rendiamo a vicenda infelici. Io sono italiana come il nostro cielo; egli è tedesco come un soldatino di piombo.
Ero in questo stato d'animo quando partii da Torino per recarmi qui.
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Max Welfard Torino
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