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      Ella, che me l'aveva detto la sera innanzi, ella che aveva scritto tutta la notte per me!
      Balzai in piedi, mi vestii in furia, uscii correndo, e non mi fermai che sulle scale dell'Albergo Milano, dove tre camerieri m'inseguirono e m'arrestarono come un ladro, per dirmi:
      - Il numero 17 è uscito!
      Il numero 17 era Fulvia! Briganti! Li respinsi come tre creditori, e ripresi a salire dicendo:
      - Aspetterò la signora Zorra.
      Ma anzichè comprendere la mia lezione uno di essi staccò la chiave dal quadro, e mi precedette gridando a' suoi compagni, a' suoi complici:
      - Quando torna il numero 17 direte che c'è gente in camera ad aspettarla.
      Entrai ardito e solo in quella camera, in quel santuario, dove il mio amore aveva bamboleggiato come un fanciullo, sognato come un poeta, sperato come un credente, sofferto come un martire.
      Mi stesi nella poltrona di Fulvia, e volli adattare la mia persona in quella specie di nicchia che serbava l'impronta della sua. Ma la mia testa troneggiava fuor dalla sponda, e se volevo abbassarla al posto della sua testa, le ginocchia protendevano un metro lontano dal sedile. Pensavo al profeta Elia che per risuscitare i fanciulli morti si stendeva sui loro corpicini, le mani sulle mani, i piedi sui piedi, la bocca sulla bocca, ed invocai la fede che fa muovere i monti, per rinnovare quel miracolo, e rannicchiarmi nell'impronta di Fulvia sulla sua poltrona. Ma la fede non venne, nè il miracolo. Allora mi alzai, girai per la stanza esaminando ogni cosa. Pensai a Saint-Preux nella stanza di Giulia.


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





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