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      Sopra una sedia nell'alcova erano alcuni oggetti di vestiario; alzai la cortina, stesi la mano per rinnovare le follìe dell'amante della Nouvelle Héloïse. Ma in mezzo alle tempeste della mia vita, in cui non mancano avventure, serbai sempre in me qualche cosa di ingenuo, una specie di culto sentimentale dinanzi al pudore d'una donna. E questo sentimento delicato mi fece ritirar la mano.
      Indagare le forme d'una giovane amata nelle pieghe del suo busto! Quel Saint-Preux era indiscreto e brutale.
      E lasciai ricadere la cortina dell'alcova, e tornai a sedermi nella poltrona di Fulvia, rassegnato ad occuparvi maggior spazio di lei.
      Poco dopo l'uscio si aperse ed entrò Fulvia, che al vedermi, emise un Oh! de' più felici che sia mai suonato tra labbra umane. Non aveva scontrato nessun cameriere, e la mia presenza in casa sua le riesciva inaspettata.
      Corse a me, e mi disse:
      - Come sono felice di trovarvi qui. Com'è bello! Peccato che non possiamo essere che amici. Eravamo fatti per comprenderci. Queste spensieratezze mi piacciono tanto. Se Welfard avesse saputo farmi una sola di queste sorprese... Ma egli avrebbe temuto di compromettermi, avrebbe pensato a quel che direbbe la gente, ai commenti dei servitori, poi avrebbe consultato il galateo, e non ne avrebbe fatto nulla. Egli pensa a tutte le cose del mondo invece di pensare ad amarmi.
      - Ed io non penso che a questo, le risposi. E sono imprudente.
      - O siatelo, esclamò, siatelo sempre, Max. La prudenza è lo spegnitoio d'ogni slancio giovanile.


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Tempesta e bonaccia. Romanzo senza eroi
di Marchesa Colombi
G. Brignola Editore
1877 pagine 172

   





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