La proposta fu accolta freddissimamente dalla compagnia; ma io non mostrai d'accorgermene e raccolsi le magre offerte in un portasigari giapponese. Quando se ne fece lo spoglio vi si trovarono 520 lire. Un biglietto giallo, e venti lire in ispiccioli. Il biglietto giallo attirò tutti gli sguardi. I convitati si conoscevano troppo bene tra loro, per sospettarsi a vicenda capaci d'una simile prodigalità. Ma nessuno neppure ne avrebbe creduta capace la spensierata giovane, che non aveva trovato una parola sentimentale per quella sventura. Tutti gli occhi si volgevano verso di me con una specie di commiserevole ammirazione quasi a dire:
- È generoso, ma è un capo scarico; finirà male.
Io avevo veduto quella mattina stessa in mano a Fulvia tre biglietti da L. 500 che aveva ricevuti dall'impresario; - il primo quartale anticipato della sua modesta scrittura da esordiente; - e sapevo bene da che parte venisse l'offerta sardanapalesca.
Lasciai che la convinzione della mia generosità mettesse radice per bene in tutti gli spiriti, e poi traendo lentamente il mio portafogli dissi:
- Manca ancora il mio obolo. E ne tolsi 20 lire che posai magnificamente sul vassoio.
Allora vidi tutti i visi volgersi più allungati che mai verso Fulvia, e sentii entrare in me la persuasione che quella gente, non potendo più dirla senza cuore, la diceva senza testa.
Erano già le nove. Per toglierla a quell'inquisizione malintenzionata proposi a Fulvia di ritirarsi; ed uscimmo.
Lungo la strada parlammo poco. Io ero spossato dallo sforzo fatto per sostenere la conversazione.
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Fulvia Fulvia Fulvia
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